LA CAMPAGNA D'ITALIA

Il 10 luglio 1943, i primi contingenti anglo-americani sbarcavano in Sicilia e in poche settimane si impadronivano dell'isola, mal difesa da truppe in larga parte convinte dell'inevitabilità della sconfitta.
Anche la popolazione locale non oppose alcuna resistenza e spesso accolse gli alleati come liberatori. Lo sbarco anglo-americano rappresentò il colpo di grazia per il regime fascista che, screditato da un'incredibile serie di insuccessi militari, vedeva già da tempo moltiplicarsi al suo interno i segni di malcontento e di crisi.
Un sintomo allarmante era venuto, nel marzo 1943, dai grandi scioperi operai che, partendo da Torino, avevano interessato tutti i maggiori centri industriali del Nord. A determinare la caduta di Mussolini non furono però le proteste popolari, né le iniziative dei partiti antifascisti, ancora sconosciute alla maggioranza della popolazione.
Fu invece una sorta di congiura che faceva capo alla corona (unica fonte di potere formalmente indipendente dal fascismo) e vedeva tutte le componenti moderate del regime (industriali, militari, gerarchi dell'ala monarchico-conservatrice) unite ad alcuni esponenti del mondo politico prefascista nel tentativo di portare il paese fuori da una guerra ormai perduta e di assicurare la sopravvivenza della monarchia.

Il pretesto formale per l'intervento del re fu offerto da una riunione del Gran consiglio del fascismo, tenutasi nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943 e conclusasi con l'approvazione e il l’approvazione a forte maggioranza di un ordine del giorno proposto dal fascista moderato Dino Grandi, che invitava il re a riassumere le sue funzioni di comandante supremo delle forze armate e suonava quindi come esplicita sfiducia nei confronti del duce. Il pomeriggio del 25 luglio, Mussolini era convocato da Vittorio Emanuele III, invitato a rassegnare le dimissioni e immediatamente arrestato dai carabinieri. Capo del governo era nominato il maresciallo Pietro Badoglio, ex comandante delle forze armate. L'annuncio della caduta di Mussolini fu accolto dalla popolazione con incontenibili manifestazioni di esultanza.
L'entusiasmo era dovuto soprattutto alla diffusa speranza di una prossima fine della guerra. L'uscita dal conflitto si sarebbe però rivelata per l'Italia più tragica di quanto non fosse stata la guerra stessa. I tedeschi si affrettarono a rafforzare la loro presenza militare per prevenire, o punire, la ormai prevedibile defezione.
Abbandonate a se stesse, con ordini vaghi e contraddittori, le truppe italiane si sbandarono senza poter opporre ai tedeschi una resistenza organizzata. Ben 600.000 furono i militari fatti prigionieri dai tedeschi e deportati in Germania. Molti soldati fuggirono cercando di tornare alle loro case. Gli episodi di resistenza, che pure non mancarono, furono puniti dai tedeschi con veri e propri massacri. Le conseguenze del disastro dell'8 settembre si ripercossero anche sull'andamento della campagna d'Italia. Attestatisi su una linea difensiva (la linea Gustav) che andava da Gaeta alla foce del Sangro (poco a sud di Pescara) e aveva il suo punto nodale nella zona di Cassino, i tedeschi riuscirono a bloccare l'offensiva alleata fino alla primavera dell'anno successivo. A partire dal settembre 1943, l'Italia fu non solo divisa di fatto da un fronte, ma anche spezzata in due entità statali distinte, in guerra l'una contro l'altra. Mentre nel Sud il vecchio Stato monarchico sopravviveva col suo governo e la sua burocrazia, esercitando la sua sovranità sotto il controllo alleato, nell'Italia settentrionale il fascismo risorgeva dalle sue ceneri sotto la protezione degli occupanti nazisti.

Mentre i grandi discutevano a Yalta sulle sorti future dell'Europa, era già scattata l'offensiva finale che, nel giro di pochi mesi, avrebbe portato al crollo del Terzo Reich. A metà gennaio i sovietici occupavano tutto il territorio polacco. In febbraio erano già a poche decine di chilometri da Berlino. Più a sud l'Armata rossa raggiungeva Vienna (23 aprile) e Praga (4 maggio). Frattanto gli angloamericani dilagavano nel cuore della Germania e il 25 aprile raggiungevano l'Elba congiungendosi coi sovietici che stavano accerchiando Berlino.

In aprile crollava anche il fronte italiano. Il 25 aprile, mentre il Cln lanciava l'ordine dell'insurrezione generale contro il nemico in ritirata, i tedeschi abbandonavano Milano. Mussolini, che tentava di fuggire in Svizzera travestito da soldato tedesco, fu catturato e fucilato dai partigiani, il 28, assieme ad altri gerarchi. Il suo cadavere, impiccato per i piedi, fu esposto per alcune ore a piazzale Loreto, a Milano.
Il 30 aprile, mentre i russi stavano entrando a Berlino, Hitler si suicidò nel bunker sotterraneo dove era stata trasferita la sede del governo, lasciando la presidenza del Reich all'ammiraglio Karl Dónitz, che chiese subito la resa agli alleati. Il 7 maggio 1945, nel quartier generale alleato a Reims, fu firmato l'atto di capitolazione delle forze armate tedesche. Le ostilità cessarono nella notte fra l'8 e il 9 maggio. La guerra europea si concludeva così, a cinque anni e otto mesi dal suo inizio, con la morte dei due dittatori che più d'ogni altro avevano contribuito a scatenarla. Ma il conflitto mondiale proseguiva in Estremo Oriente, dove il Giappone, ormai isolato, continuava ostinatamente a combattere.